Il 2025 sarà un anno di svolta per la questione ambientale.
Lo dicono gli esperti e gli operatori del settore di tutto il mondo. Ma come, e in che
senso?
Il cambiamento auspicato – e già in atto – è allo stesso tempo di “visione” e di
“approccio” ai drammatici problemi e alle questioni cruciali che la sostenibilità,
l’inquinamento, il climate change portano con sé.
Potrebbe essere così sintetizzato: si va verso un’economia che non si limita a
compensare le emissioni di gas serra, ma che mira a generare un impatto positivo
sull’intero sistema naturale, includendo in questa azione biodiversità, acqua e suolo.
E’ quello che gli esperti definiscono “modello Nature Positive”, e che dovrebbe
sostituire in via teorica e soprattutto pratica il modello tradizionale Net Zero, ormai
considerato superato alla luce di dati sempre più drammatici e di una scarsa
efficacia delle politiche esistenti.
Cos’è il modello Nature Positive
Partiamo dalla definizione. Nature Positive è un modello economico e ambientale in
cui aziende, governi e altri soggetti agiscono su larga scala per ridurre e rimuovere
le pressioni che causano il degrado della natura e lavorano attivamente per
migliorare lo stato degli ecosistemi e i servizi ecosistemici che la natura fornisce.
Non si tratta più solo di compensare le emissioni (come nel Net-Zero): il punto è
generare un impatto positivo netto sulla natura, aumentando la salute, la
biodiversità, la qualità dell’acqua e del suolo.
Perché dobbiamo cambiare
Quando si parla di anti-economicità delle politiche ambientale, ci si dimentica (o si
finge di dimenticare) che oltre il 50% del PIL mondiale dipende dalla natura e dai
suoi servizi. Il valore economico globale stimato è di circa 44mila miliardi di dollari.
Contrastare, ad esempio, la perdita di biodiversità (oltre un milione di specie è a
rischio estinzione) ha conseguenze dirette sulla salute umana, la stabilità degli
ecosistemi e dunque sull’economia generale, sia locale che globale.
In concreto, che cosa propone il modello Nature Positive
Sono diversi e articolati i campi di azione dell’approccio Nature Positive.
Cominciando proprio dall’attività fondamentale di ripristino e conservazione: il
Nature Positive assume come linea direttiva la Nature Restoration Law europea
(NRL).
Entrata in vigore il 18 agosto 2024, la Nature Restoration rappresenta la prima legge
continentale e completa dedicata al ripristino degli ecosistemi naturali degradati in
Europa.
E’ una normativa che impone obblighi vincolanti e target temporali precisi per gli
Stati membri: i piani nazionali di restoration devono essere infatti approntati entro il
2026.
L’obiettivo principale è ambizioso e decisivo: il ripristino di almeno il 20% delle aree
terrestri e marine entro il 2030 e di tutti gli ecosistemi degradati entro il 2050.
Un secondo punto determinante del Nature Positive è la localizzazione degli
interventi. Che cosa significa?
A differenza dei crediti di carbonio, i crediti di biodiversità devono operare su base
locale. Si chiama principio like-for-like: ripristinare gli habitat nello stesso bioma
colpito.
C’è poi il tema della governance trasparente. Per ottenerla, il Nature Positive
prevede sistemi rigorosi di misurazione, rendicontazione e verifica (MRV).
Fondamentale è anche il coinvolgimento delle comunità locali per garantire efficacia
e legittimità degli interventi.
Il campo della finanza sostenibile è un altro di quelli “investiti” dal cambiamento di
paradigma.
Il Nature Positive presuppone strumenti finanziari innovativi per sostenere i
progetti di ripristino e adattamento climatico, ma soprattutto una maggior
attenzione da parte degli investitori alla trasparenza e responsabilità ambientale
(che finora hanno difettato nel settore).
Tutto questo sarà possibile solo grazie alla partnership con la tecnologia più
innovativa. Intelligenza artificiale e blockchain dovranno entrare massicciamente
nei processi: sono un aiuto fondamentale per tracciare gli impatti, ottimizzare le
risorse e migliorare la sostenibilità delle filiere produttive.
A livello economico, il modello Nature Positive vuole implementare – non è neanche
il caso di dirlo – al massimo grado possibile la circolarità.
Ovvero ridurre il consumo di risorse finite, promuovere la resilienza e la
competitività, valorizzare l’uso più efficiente e rigenerativo delle risorse naturali.
L’impatto del nuovo modello
Non un sogno sulla carta, ma un programma economico, ambientale e sociale che
può e deve avere un impatto decisivo sullo sviluppo globale.
Il World Economic Forum ha stimato che un’economia basata sul modello Nature
Positive potrebbe generare oltre 10mila miliardi di dollari di valore commerciale
annuo e creare quasi 400 milioni di posti di lavoro entro il 2030.
Il vantaggio competitivo che un tale modello rappresenterebbe per le aziende è,
secondo il WEF, chiaro: le imprese che adottano strategie Nature Positive possono
migliorare la loro immagine, attrarre investimenti e consumatori, aumentare
l’efficienza operativa e la resilienza ai cambiamenti climatici.
Inoltre, contribuire alla protezione e rigenerazione della natura non può che avere
come ricaduta, per le imprese grandi e piccole, un rafforzamento della fiducia degli
stakeholder e la sostenibilità a lungo termine delle attività aziendali.